FELLINI - Allora, modelli o attori? «Preferirei che qualcuno pensasse che sembriamo usciti da un film di Fellini: anche se lui era molto colorato, 8½ è in bianco e nero», spiega Hutchcraft. I due hanno pubblicato questa settimana il loro secondo album, «Exile», che porteranno in concerto il 25 marzo a Milano. «Essere sempre in giro ti fa sentire in esilio e poi noi ci sentiamo di vivere in un mondo che non è reale - sottolinea il cantante -. E la cosa bella di questo titolo è anche che la parola esilio racchiude in sé molte sentimenti come libertà, paura, isolamento... sensazioni molto vivide, sulle quali vale la pena scrivere delle canzoni. Siamo stati in giro molto e ci siamo lasciati la nostra vita alle spalle». La vita di prima, prima ancora del disco di debutto «Happiness» che ha venduto due milioni di copie, era quella di due ragazzi di Manchester che le provano tutte pur di sfondare con la musica. Sussidio di disoccupazione e vestiti ricercati per non sentirsi tagliati fuori. All'ennesimo progetto fallito, Theo e Adam si guardano in faccia, prendono un volo per Verona, si fermano per qualche giorno in Italia e al ritorno decidono di provarci in due. «Quella è stata un'esperienza catalizzatrice, è stato l'inizio degli Hurts come li conosciamo oggi», ricorda Hutchcraft.
BAGGIO - L'Italia non è stata solo quella vacanza. «Da voi c'è un vastissimo panoram di musica elettronica. A metà anni 90 i produttori e i musicisti italiani di musica elettronica dominavano le classifiche in Inghilterra. Mi ricordo i Savage, i Livin' Joy, Corona... ho una lista lunghissima». E se, prendendo spunto dal titolo di una delle nove canzoni («Somebody to Die For»), chiedi a loro per chi sarebbero disposti a dare la vita, divertiti rispondono: «Roberto Baggio - scherza Adam -. Era il mio eroe quand'ero piccolo. Soprattutto per la pettinatura. E poi perché ha sbagliato il rigore per la nazionale italiana ai Mondiali del '94». A proposito di capelli, il loro taglio è uno degli argomenti più discussi quando si parla degli Hurts. Il riferimento è agli anni 80, anzi alle citazioni degli anni 40 che si facevano allora. «A me sembra di avere la pettinatura più normale della storia, molto semplice, si mette e si toglie, tipo casco», scherza Theo. Fra i dischi della loro vita citano Sinead O' Connor e Nine Inch Nails, ma i sintetizzatori e l'elettronica degli Eighties tornano prepotentemente nella loro musica. «Amiamo molto band come Tears for Fears, Depeche Mode e Japan, ma la loro influenza si sente soprattutto nel primo disco. Quella è stata un'epoca di grande integrità e originalità nel mondo della musica, perché ci sono stati enormi sviluppi tecnologici. Si sente che c'era il desiderio di fare musica pop, purché fosse musica pop unica».
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