Tuesday, July 24, 2012

TALK TALK - "They want Ultravox become an X-Factor...!". Midge Ure speaks out!


"There was a reticence about doing this as we didn't know what the public response would be, and especially with a band like us, Ultravox just seemed to be a fantastic punch-bag for the media back in the day and we tended to think: "Do you really want to go and stick your head in the lion's mouth again?"

"But I think all that disappeared when we started working together again, it just felt natural, it felt right, it felt, not easy but comfortable and it was exciting because it was new technology. It was even more exciting when we decided to stand up for ourselves and say: "You know what? We're going to do it the way we want to do it. Whether it's for anybody else, this is how we want to do it." And there was something really nice about that. So the process of getting it right musically, first and foremost, was imperative.

"What happens to it now, when you give it to the wide world, is completely out of our hands so the response from people, the reviews, whether they like it or hate it, there's nothing we can do about it now, that's what making music is all about, you make what you think is right and then hopefuly it will translate into somebody else's life.

"The great thing about Brilliant I think, I'm not sure what Billy thinks about this, I think it's quite possibly the best collection of songs that we ever did. Period. And it's because Billy's continued writing, I've continued writing all the way through the twenty odd year break that we've had and I think that you can hear that. So that, in a way makes everything else redundant, it takes it really back to: 'Is this an intersting piece of music, is this an interesting lyric, is this a good melody, does this do something to you, does it make you cry or laugh or smile or dance or whatever?' That's the core of what it should be, and that's why we stopped talking to Universal because they didn't want that, thay wanted an X-Factor version of that and we weren't prepared to go there. It became very obvious to us they wanted a record with Ultravox's name on it, some signature sounds and my voice on it, but they weren't really interested in what the music was other than the fact was it commercially successful?, and that really hasn't made an awful lot of difference to us. When we got together in the first place, Vienna wasn't a commercially acceptable track, it was completely and utterly out there, it's only become successful and seen as an obviously commercial track in hindsight, but at the time it was radically different, so I don't think our attitude to that process has changed."

Tom Artrocker

Extracted from a full and fascinating interview with Midge Ure and Billy Currie, featuring more of Keith Martin's wonderful photos. Read the whole piece in the new issue of Artrocker available today from all good shops or direct from us here: artrockermagazine.com

Wednesday, July 11, 2012

LET'S TOUR - Duran Duran back in Italy!

(ANSA) - ROMA, 11 LUG - Tornano in Italia i Duran Duran: il 16 luglio all'Arena di Verona, il 18 luglio al Foro Italico di Roma e il 20 luglio all'Arena della Regina di Cattolica. Attesissimo il tour europeo della band che lo scorso anno aveva programmato in Europa una serie di live per promuovere il tredicesimo album All You Need Is Now, in seguito annullati a causa di problemi alle corde vocali del frontman. La tranche europea seguira' le date in Australia e Sud America. Il live di Verona sara' la prima occasione di vedere la band dal vivo dall'ultimo tour europeo del 2008.

Saturday, July 7, 2012

TALK TALK - Robert Smith: "I Cure fuori da qualsiasi logica"

Intervista a Robert Smith a cura di Matteo Cruccu per il "Corriere della Sera"
MILANO - «Ci avete dato una bella lezione. Ma la Spagna, che squadra di marziani: da anni, io tifo per loro e non per i miei. Perché Rooney, da loro, giocherebbe al massimo nella seconda squadra». I «miei» sono gli inglesi di Roy Hodgson, battuti dagli Azzurri. E lui è l' ultima persona al mondo con cui ti immagineresti a parlare di pallone. Già, lui è Robert Smith, da 35 anni profeta oscuro dei Cure, uno che sembrerebbe avulso dal mondo. E che invece vi è immerso assai, specie quando decide di uscire dal suo ritiro nel Sussex. E di concedere una delle rarissime interviste: sabato è a Rho (Milano) con i compagni di ventura di sempre, headliner dell' Heineken Jammin' Festival che si apre stasera con i Red Hot. Robert, 53enne con la faccia di bambino, parla un inglese placido e chiarissimo. E ci parla innanzitutto del concerto: forse solo il Boss, tra i grandi rocker della Terra, è più generoso dei Cure. Robert e soci non scendono infatti mai sotto le tre ore di show. C' è un motivo, spiega: «Nel 1973, risparmiai per un mese per poter vedere a Londra David Bowie, il primo vero concerto della mia vita. Lui suonò soltanto per 45 minuti. Quando sono diventato musicista, ho sempre pensato che avrei dovuto rispettare il mio pubblico. E poi cantare è una cosa bella, adrenalinica, lo faccio in casa come lo faccio sul palco. Perché dovremmo risparmiarci?». Già, i tour: l' Italia delle lezioni calcistiche è anche l' Italia che più ha dato soddisfazioni ai Cure. «Ricordo con piacere tutti i concerti da voi. Ma soprattutto il tour dell' 89, forse uno dei migliori della nostra carriera, proprio nei giorni di Tien-An-Men: sentimmo una comunanza incredibile col pubblico». E italiano è anche Paolo Sorrentino che ha confessato di essersi ispirato a lui per il Sean Penn di «This Must The Be Place». Robert ci scherza su: «Non l' ho visto, proprio per non doverlo commentare. Ho letto però la trama. E ho guardato le foto di scena. Ma il personaggio di Penn mi assomiglia così tanto? E soprattutto, la sua storia non sembra affatto la mia, ma al limite quella di una delle mie canzoni». Ecco, le canzoni, l' immaginario buio, il mal di vivere che ancora è appiccicato come un marchio indelebile ai Cure: «Che noia. Sono una persona normale. Mi posso alzare felice, come con la luna storta. E poi sono vent' anni che cerchiamo di sembrare il più possibile allegri, guarda i video...». Di sicuro però i Cure non fanno parte dell' establishment di Britannia. Né ci tengono. Non li si vedrà nel parterre de roi dei concerti per le Olimpiadi, né sono saliti sul palco per il Giubileo della Regina. Partiamo dalla seconda: «Che cosa assurda la monarchia, la famiglia reale, il concetto di ereditarietà: io sono un fottuto repubblicano». E bum. I giochi? «Un business delle grandi corporazioni, una macchina per fare soldi. Io mi vergognerei a cantare per un evento come quello». Insomma, in questo i Cure non sono mai cambiati: «Siamo sempre stati fuori da qualunque logica nazionalpopolare in Gran Bretagna. E il potere ci ha cancellato. Non me ne faccio alcun problema». Semmai Robert non ha più la stessa concezione del tempo. Da teenager disse di voler passare a miglior vita entro i 25: «Quand' ero giovane ero abituato a pianificare la mia vita in termini di anni e avevo tempo di pensare anche alla morte. Ora cerco di vivere giorno per giorno. Anche se l' attitudine a guardare il lungo periodo non se ne è andata via del tutto. Diciamo che mi sforzo di progettare soltanto i prossimi tre mesi». Per morire c' è tempo. 

Memories fade

"Memories fade but the scars still linger, I cannot grow, I cannot move, I cannot fell my age, The vice like grip of tension holds me fast, Engulfed by you, What can I do, When history’s my cage... Look foward to a future in the past".