«Chi sono gli dei di carta? Forse siete voi,
giornali e giornalisti, fa piacere vedervi ancora con il taccuino e la
penna in mano nell’era digitale, ma per quanto ancora scriverete così? O
forse siamo noi, tutte le rock band e noi quattro in particolare, dei
effimeri. Ma nel nostro caso con una piccola ambizione, quella di dare
il meglio a 50 anni e passa, chi l’ha detto che un artista raggiunge il
suo apice da giovane e poi vive di rendita?». Eccoli
qui i cinquantenni che a vent’anni inventarono il “nuovo romanticismo”,
via di mezzo tra il pop e David Bowie, e adesso provano a reinventarlo
con un nuovo album, il 14°, Paper Gods: dei di carta, o se vogliamo di
cartone, di cartapesta. Un album bello e potente, carico di echi del
passato ma anche indirizzato su strade nuove, con l’aiuto di un nutrito
gruppo di guest star che vanno dalla chitarra di John Frusciante alla
voce di Lindsay Lohan.
A vederli spaparanzati su un divano del Soho
Hotel, a far battutacce sul caffè ridendo di se stessi, i Duran Duran,
ovvero Simon Le Bon (voce), Nick Rhodes (tastiere), John Taylor (basso) e
Roger Taylor (batteria), non sembrano portare le cicatrici di bisticci e
separazioni, tantomeno i segni dell’età: del resto sono quasi bebè
rispetto alla generazione precedente, ai settantenni del rock come gli
ex-Beatles, i Rolling Stones, i Pink Floyd, e difatti ambiscono
“all’eternità”, non del tutto scherzosamente, come dice Roger Taylor:
restare sulla scena ancora «molto, molto a lungo».
Ma
cosa significa il titolo di questo album? «Viene dal verso di uno dei
brani, l’autore sono io, ma riflette un pensiero comune», risponde Le
Bon, «Allude al denaro, ai media, a noi stessi, agli dei di carta che
credono di avere grande potere e invece non ce l’hanno, sono anch’essi
effimeri in questa era digitale in cui tutto passa, ma è anche un titolo
volutamente ambiguo, ognuno può leggerci quello che vuole».l coinvolgimento degli altri artisti? «John Frusciante ci ha chiamati
quando ha saputo che lavoravamo all’album», dice Rhodes, «chi gli
avrebbe detto di no, la sua chitarra è magica». «E Lindsay Lohan l’avevo
conosciuta anni fa in uno studio discografico », continua Simon, «siamo
diventati amici, la sua voce aggiunge qualcosa di unico, di sensuale,
da vera diva». Osserva Roger Taylor: «Rispetto agli esordi
siamo più consapevoli dei nostri mezzi, più maturi e determinati.
Sappiamo meglio quello che vogliamo. Del resto è impossibile saperlo a
19 anni e a 30 ti preoccupi al massimo dei sei mesi successivi, non di
quello che farai a 50 anni. Ora invece ci pensiamo. Vogliamo
durare ancora molto a lungo: per l’eternità, perché no». Certo, lo
incalza Le Bon «di solito si pensa che un cantante dia il suo meglio da
giovane, quando è vivace e pieno d’energia, ma anche la maturità
artistica ha i suoi vantaggi e noi aspiriamo a raggiungere il vertice
della nostra produzione, ad avere ancora un grande avvenire, anche da
ultracinquantenni». Si sono lasciati e ripresi, adesso come va? «La verità è che, pur fra
momentanee separazioni, la nostra unione è stata molto longeva», dice
Nick. «Quando sei giovane è più facile stare insieme, ci sono solo i
membri della band, poi ognuno ha amori e famiglie, le relazioni si fanno
più complesse. Faccio un esempio, sono state lanciate tante accuse a
Yoko Ono, ma non credo lei volesse far del male ai Beatles, voleva solo
fare del bene a John Lennon. Noi quattro comunque stiamo bene insieme e
insieme vogliamo produrre un nuovo rinascimento». Ottanta, la stagione della loro affermazione
«sono stati anni di grande creatività artistica, non solo per noi,
venivano fuori Madonna, Prince, gli U2, mentre David Bowie continuava a
stupire », spiega John Taylor. «E poi qui a Londra, anzi proprio a Soho,
c’era una quantità indescrivibile di talenti, nasceva la videomusica
che avrebbe contribuito a cambiare anche la musica: è stato fantastico
fare parte di quel momento ». I
Duran Duran torneranno in Italia? «Senz’altro, avete un pubblico
meraviglioso a cui siamo affezionati», assicura Le Bon. «Il ricordo più
bello è di tanti anni fa. A Roma fummo invitati a Cinecittà per
incontrare Fellini. Ma lui si scusò dicendo che doveva andare dal
dottore. Il problema, disse, è che adesso la mia potenza sessuale è
tutta qui, e indicò il cervello, mentre io vorrei farla scendere più in
basso».
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